Fin da piccoli siamo abituati a sentire una certa pressione: nella vita scolastica, sui campi da gioco, in università e poi nell’ambito lavorativo.
La competizione è un fenomeno che appartiene all’essere umano fin da quando questi lottava per accaparrarsi risorse limitate per sopravvivere o riprodursi e nel corso delle epoche si riscontra in ogni cultura e area geografica. Si innesca quando iniziamo a credere che se qualcun altro intorno a noi vince, migliora, guadagna qualcosa, questo va a nostro scapito, per cui noi perdiamo o passiamo in secondo piano. È una sorta di meccanismo di difesa molto legato al nostro ego, con alle spalle una forte convinzione di scarsità, nonché una misera concezione delle relazioni umane: non c’è abbastanza spazio per tutti, non c’è abbondanza per tutti, non ci sono abbastanza opportunità per tutti.
In psicologia, la competizione è tuttavia considerata una delle strategie interattive e socialicon cui il bambino e l’adolescente fronteggiano i compiti di sviluppo.
Difatti, la concorrenza, e la competizione che ne deriva, è fondamentale nella vita di tutti i giorni: aiuta ad esempio a risolvere i problemi in modo creativo e ci rende efficienti nel lavoro così come in tanti altri settori.
Può rappresentare una vera propria spinta positiva a migliorarsi, mettersi in gioco e cercare di raggiungere i propri obiettivi.
Tuttavia può anche avere risvolti negativi nel momento in cui si trasforma in una competizione malsana. Il rischio di cadere nell’ossessione della performance è dietro l’angolo e può provocare forte stress, disturbi d’ansia e depressione, elementi decisivi in fenomeni come il Burn out, il quiet quitting e la great resignation. In questo contesto, le immagini che ci riportano i social media aggiungono una dose extra di senso di inadeguatezza, nutrito dall’impressione che gli altri abbiano una vita sociale molto più soddisfacente della nostra.
Mai come oggi tutto questo si sta ripercuotendo sulle scelte professionali.
Il senso di competitività sembra essere al suo massimo e in tanti non ne possono più: vengono subito in mente quei vicini di scrivania che non perdono occasione per farsi belli agli occhi altrui, a discapito dell’immagine dei colleghi e del disequilibrio che crea questo comportamento.
Nelle giuste dosi, competitività e collaborazione sono un’accoppiata vincente: come comportarsi quindi in modo competitivamente sano?
- Focalizzare il giusto obiettivo: tenere in mente un perché valido di tutto il percorso è fondamentale. Bisogna concentrarsi e dare il meglio per raggiungere l’obiettivo, non per “distruggere gli avversari”. Si compete con sé stessi, non con gli altri.
- Agire con correttezza e rispetto: indipendentemente da come i tuoi colleghi arrivisti agiscano, sii sempre corretto, anche se pensi che non lo meritino. Se c’è un problema, parlane dapprima con il diretto interessato poi – solo se occorre – riferisci al tuo responsabile.
- Esercitare empatia: l’empatia – che poi è la capacità di metterti nei panni dell’altro riconoscendo le sue emozioni e i suoi sentimenti – ti consente non solo di rafforzare il legame con i tuoi colleghi, ma anche di ampliare i tuoi orizzonti affinando la tua capacità di cambiare punto di vista.
- Non cedere alle provocazioni: purtroppo non possiamo scegliere i colleghi e, quando intraprendiamo una nuova avventura lavorativa, non è così scontato ritrovarci in un ambiente sano ed equilibrato. Anzi, l’ambiente di lavoro esclusivamente competitivo di sano ha ben poco perché chi ne fa parte opera basandosi sul mero egoismo. Tra colleghi non dovrebbe essere così perché se da una parte è giusto che ci sia competitività dall’altra non dovrebbe mai mancare lo spirito di collaborazione. Se così non fosse, ricorda l’importanza di “incassare il colpo” senza reagire in modo istintivo.
- Accettare le critiche: sono essenziali per migliorarsi e trasformare i punti di debolezza in punti di forza. Spesso restiamo talmente fermi nelle nostre convinzioni, al punto da farci ingabbiare da esse. Accogliere con benevolenza il “dubbio” è la chiave di volta per mettersi in discussione ed evolversi.
- Credere in sé stessi: può sembrare banale, ma è la forza motrice di tutto il nostro lavoro, il punto da cui partire. Lavorare sulla propria autostima è la scelta più sensata da fare per affrontare la paura della competizione e imparare a riconoscere il proprio valore come professionista, il proprio merito e la propria preparazione nell’ottica di un miglioramento continuo.(link coaching)
E per creare un ambiente di lavoro competitivo e costruttivo? È bene prestare particolare attenzione a riconoscere ed apprezzare i risultati di tutti in modo equo, garantire ritmi di lavoro sostenibili e un minimo di flessibilità e margine di errore e supportare la collaborazione e lo scambio di informazioni all’interno del team.
In questo contesto, si rivelano preziose una leadership sicura, una comunicazione efficace, un team building duraturo e percorsi di coaching che generano consapevolezza, benessere e crescita.
Tutto parteciperà a rendere migliore la vita lavorativa, aumentare la produttività del business e la soddisfazione di dipendenti e clienti.
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