Il Machine Learning al lavoro: cosa ne pensano i lavoratori

È notizia di questi giorni la decisone del blocco da parte del Garante della Privacy di Chat GPT, il software di Intelligenza Artificiale sviluppato e gestito da Open AI.
Alcuni problemi si erano già palesati lunedì 20 marzo, quando si è verificato un primo data breach, che ha riguardato le conversazioni degli utenti e i dati di pagamento delle persone abbonate alla versione Plus.
Durante l’ultima settimana di marzo, poi, mille persone tra scienziati, ricercatori e manager hanno firmato un appello, pubblicato dal sito Futureoflife.org, che chiedeva lo stop allo sviluppo di sistemi di Intelligenza Artificiale più potenti di Chat GPT 4, per un periodo di almeno sei mesi. Uno stop che darebbe il tempo agli stakeholder di ragionare sugli effetti che tali tecnologie possono avere nella nostra quotidianità e sui modi migliori di gestire i rischi che possono generare.
Anche Elon Musk, che ha co-fondato Open AI per poi lasciare il consiglio di amministrazione nel 2018, ha firmato l’appello, parlando di un rischio concreto riguardante, soprattutto, il mercato del lavoro.
A questa petizione è seguita a fine marzo, infatti, la decisione del Garante della Privacy di bloccare il sito nel nostro paese.

Questa scelta è stata attuata sulla base di alcune criticità:
• raccolta illecita dei dati personali degli utenti
• la mancanza di un sistema che verifichi che essi abbiano più di tredici anni
• la mancanza di leggi che regolino l’accumulo di dati personali di così tante persone al fine di “addestrare” un sistema d’Intelligenza Artificiale.


Ma che cosa ne pensano i lavoratori di questa tecnologia?
Italo Foundation ha organizzato un sondaggio tra 1057 persone, occupate e maggiorenni, per domandare quale sia la loro opinione riguardo l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale sul luogo di lavoro. L’argomento è stato approfondito con domande generali sul semplice utilizzo di sistemi di Machine Learning sul lavoro, fino a quesiti più specifici, come la sua implementazione nel settore marketing, in quello dell’amministrazione oppure nelle risorse umane. Una ricerca che è terminata con una domanda, “in quali casi ritenete che l’intelligenza emotiva possa essere sostituita da un’intelligenza artificiale?”, che ha dato risultati interessanti, con il 58% degli interrogati che, sebbene per ragioni diverse, ha risposto “in nessun caso”.
I risultati completi sono stati presentati dal presidente della Fondazione Davide Guzzi, mercoledì 5 aprile in occasione dell’AI Forum 2023, evento dedicato ad amplificare il legame tra Intelligenza Artificiale e mondo dell’impresa.


Oggi ve li presentiamo:

E voi cosa avreste risposto?