È nato come un hashtag su tik tok, #quietquitting, ed in pochi giorni ha raggiunto più di 9 milioni di visualizzazioni. Letteralmente significa abbandono silenzioso e rappresenta una sorta di reazione ad una cultura del lavoro e della competizione sfrenata e frenetica.
In sostanza, quiet quitting vuol dire fare il “minimo sindacale”, lo stretto necessario per non esser licenziati, dicendo basta a ore di lavoro non retribuite, straordinari non pagati, stipendi troppo bassi e una disponibilità continua, 24 ore su 24.
Tutto questo a discapito anche di impegno, motivazione e coinvolgimento: i lavoratori smettono silenziosamente di partecipare in modo attivo alla vita aziendale, non sono più interessati al raggiungimento degli obiettivi, evitano le responsabilità, sono privi di entusiasmo. Sulle piattaforme social girano persino dei video tutorial su come evitare mentalmente ed emotivamente un lavoro, ma rimanendo tuttavia effettivamente impiegati.
Secondo il report “State of the Global Workplace” della società di consulenza Gallup, il quiet quitting, riguarda il 59% dei dipendenti a livello globale (dato aggiornato al 2022).
Il quiet quitting è controproducente sia per l’azienda sia per l’individuo: i dipendenti non trovano soddisfazione nella propria vita professionale, non crescono, e nel lungo periodo questa situazione può portare comunque al burn-out. L’azienda invece rischia di perdere efficienza, sprecare talenti e tempo prezioso, di diventare sempre meno competitiva.
Il coinvolgimento dei dipendenti passa attraverso una leadership di supporto che consente una crescita significativa per l’individuo e la creazione di relazioni all’interno del team e dell’azienda. Naturalmente lo stipendio è un fattore importante per qualsiasi persona e potrebbe essere il motivo per cui un dipendente decide di fare un passo indietro.
Tuttavia, non è sempre così. Per risolvere il problema occorre andare alla radice e cercare di cambiare approccio: chi sono le persone che lavorano nella tua azienda? Che desideri hanno, cosa li stimola? Quali ostacoli riscontrano nel quotidiano lavorativo?
La proposta di Italo Academy: Sportello Coaching
Lo Sportello Coaching è in grado di analizzare il benessere organizzativo e rivelare il livello di stress e il rischio di burnout nelle persone all’interno dell’organizzazione. Un modo innovativo che sostituisce le classiche analisi di clima.
Le aziende devono sviluppare una cultura in cui il benessere sia al centro e devono necessariamente partire dall’ascolto per poi capire e agire.
Questi alcuni degli aspetti che possono essere oggetto di analisi in un progetto coaching:
• la qualità del rapporto con l’azienda, i superiori e i colleghi;
• la coesione di gruppo, la collaborazione e la soddisfazione relazionale;
• il livello di sostegno da parte dei superiori (dimensione interpersonale);
• la motivazione;
• la soddisfazione riguardante la funzione/ruolo;
• la valorizzazione dei risultati;
• il livello di carico di lavoro (dimensione individuale).
Con Italo Academy, grazie ad una o due giornate dedicate al mese, una professionista potrà garantire ai vostri dipendenti uno spazio sicuro in cui potersi aprire in forma anonima sulla propria esperienza in azienda, parlare dei propri obiettivi ed affrontare le complessità e problematiche legate al quotidiano. E al contempo l’azienda riceverà i risultati in forma aggregata (sempre mantenendo l’anonimato) in modo da avere immediata evidenza e consapevolezza delle criticità presenti.
Ne parliamo in modo più approfondito qui https://italoacademy.com/2023/04/04/prendersi-cura-delle-persone-in-azienda/
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